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ALLA SCOPERTA DI UN NUOVO UNIVERSO

{jathumbnail off}Fino ad un secolo fa, gli scienziati ritenevano che l’Universo fosse racchiuso nella nostra Galassia: La Via Lattea; ma, nel corso del XX secolo, la ricerca ha fatto passi da gigante.
Infatti, grazie a potenti telescopi sparsi in varie parti del mondo e grazie ad una impressionante flotta di sonde interplanetarie, gli scienziato hanno potuto accertare l’immensità dell’Universo.

Un maggior contributo poi, è pervenuto dal telescopio spaziale Hubble Space Telescope, il quale, posizionato al di sopra dell’atmosfera terrestre, è riuscito ad osservare stelle di prima generazione di circa 14.miliardi di anni addietro, ovvero appena dopo il Big Bang (Fig.1).
Sensazionale fu la scoperta di Albert Einstein, che nel 1905 formulò la teoria della relatività ristretta, nella quale enunciò che, la distanza, il tempo e la massa, non sono assoluti (equazione fisica E=m.c2).
Successivamente, nell’anno 1907, dopo una intuizione che lui definì “il pensiero più felice della mia vita”, elaborò la teoria della Relatività Generale.
Infine, nel 1916, pubblicò la sua opera mettendo in relazione la gravità, lo spazio ed il tempo.
Tuttavia, Einstein era convinto che l’Universo fosse statico ed incorruttibile; ma, l’astronomo americano Edwin Hubble, nell’anno 1929, dimostrò che l’Universo è in espansione. La convinzione di Hubble nacque dopo aver osservato un gruppo di galassie distanti milioni di anni luce dalla nostra galassia, perchè, man mano che ne calcolava la distanza, le galassie si allontanavano ad una velocità incredibile, schiftando verso il colore rosso, nel rispetto della Teoria del Redschift (questa teoria si basa principalmente sull’Effetto Doppler.
Un esempio, è la percezione che noi abbiamo ascoltando il suono di una sirena di una ambulanza in transito davanti a noi.
La sensazione che abbiamo è che il suono della sirena cambia man mano che si avvicina a noi e man mano che si allontana da noi.
Invece nella riga dell’ottico, questo effetto si evince con il cambiamento dei colori monocromatici; che è rosso per gli oggetti celesti che si allontanano dal nostro sguardo: il Redschift; e blu per gli oggetti che si avvicinano: il Bluschift).
Da queste sue osservazioni, Hubble dedusse che, all’inizio, l’Universo era più piccolo e più compatto di quello attuale, avvalorando, così, la teoria del Big Bang, (la tremenda esplosione che avvenne nell’Universo circa 14.miliardi di anni fa).
A confermare l’esattezza di questa teoria, fu l’ingegnere Karl Jansky, il quale, incaricato dalla Bell Laboratories di accertare l’origine di disturbi di natura ignota che interferivano con le radiocomunicazioni commerciali, utilizzando un enorme parco antenne e alcuni ricevitori, scoprì che l’intenso noise proveniva dal centro galattico, oggi conosciuta come Radiazione Cosmica di Fondo; cioè il residuo della radiazione termica dopo il Big Bang, che risulta pari a 2.725 gradi Kelvin.
Ma veniamo ai giorni nostri. La cronaca scientifica ci dice che questo millennio è caratterizzato dalla scoperta di oltre 3500 Esopianeti (Exoplanets), appartenenti ad altri sistemi solari della nostra galassia, taluni di taglia gioviana ed altri di taglia terrestre; i quali, probabilmente, potrebbero essere candidati per ospitare forme di vita.
E per questo programma di ricerca furono lanciate due sonde interplanetarie: la missione New Horizon, che raggiungerà i confini del nostro Sistema Solare, oltre la fascia di Kuiper, che è la regione al limite del nostro sistema solare caratterizzata dalla presenza di planetoidi, per studiare più da vicino la Nube di Oort, la nube genitrice delle Comete; ed il satellite Kepler destinato a viaggiare nella nostra galassia alla ricerca di pianeti extrasolari.
Sicuramente un lungo viaggio che i due satelliti stanno affrontando, ma, che, sicuramente, apriranno nuovi scenari su nuovi mondi, sopratutto per cercare di dare una risposta alla domanda che l’uomo si pone da sempre; ovvero, se siamo gli unici abitanti di questo immenso condominio!
Ma, non è tutto!
Più si va avanti con le scoperte e più si formano gli interrogativi.
Il 30 Aprile 1996, l’Agenzia Spaziale Italiana lancia in orbita il satellite Beppo-Sax (il satellite prende il nome dall’astrofisico italiano Prof. Giuseppe Occhialini; per gli amici Beppo).
Scopo della missione: studiare il fenomeno delle potenti emissioni di lampi che avvengono nella banda dei Raggi Gamma dello Spettro Elettromagnetico (G.R.B – Gamma Ray Burst) rilevati casualmente in alcune galassie, comunque al di fuori della Via Lattea (Fig2).
Dai primi rilevamenti, Beppo-Sax ha osservato che gli intensi lampi, i quali, a volte, durano anche per un periodo di dieci minuti, sono generati dall’accrescimento della materia di un Buco Nero.
A collaborare in questa nuova ricerca, il 20 Novembre 2004, la NASA lancia in orbita il satellite Swift con a bordo ben tre telescopi a raggi Gamma, riuscendo a osservare i G.R.B. anche con una durata di pochissimi millisecondi!
Ma, entrambi i satelliti non hanno affatto concluso la loro missione, in quanto, gli eventi G.R.B. sono soltanto una minima parte dei fenomeni che avvengono in questa banda ancora sconosciuta ed ancora oggetto di studio.
L’altra incognita dell’Universo è rappresentata dalla Dark Matter; è così che gli americani chiamano la Materia Oscura presente nell’Universo (Fig.3.)
Ad oggi si è riusciti a scoprire soltanto il 5% della sua massa.
Comunque si sa che si manifesta attraverso i suoi effetti gravitazionali, ma non è ancora osservabile; tanto che il noto astronomo Bruce H. Margon dell’Università di Washinton, che dedica costantemente i suoi studi sulla Dark Matter, in una sua intervista rilasciata al New York Times nel 2001, dichiarò davvero con amarezza: “ … è una situazione alquanto imbarazzante dover ammettere che non riusciamo a trovare il 95% della materia dell’Universo …”.
Alla scoperta della Dark Matter, il 16 Maggio 2011, è partito il satellite Ams-02 con il compito di esplorare proprio quel 95% ancora ignoto.
Ma è già pronto sulla rampa di lancio il satellite Euclid, che partirà il 2020 con lo scopo di aiutare a capire meglio la parte oscura dell’Universo.
Attraverso una mappatura in 3D sullo spettro del visibile e nell’infrarosso, Euclid mostrerà, in tre dimensioni, le galassie e gli enormi oggetti celesti che popolano l’Universo, fino a dieci miliardi di anni luce.
Tutto questo permetterà di capire come si è espanso l’Universo che conosciamo oggi ed il motivo della sua accelerazione di espansione.
Inoltre, studierà dettagliatamente come la Materia Oscura abbia condizionato tutta la storia dell’Universo e come si sono formate le strutture a “ragnatela” che ospitano gli ammassi delle galassie (Fig.4).
Ma ecco che l’Universo ci presenta un’altra incognita da risolvere: le Magnetar (Fig.5).
E’ da poco che sono state scoperte strane stelle, che rappresentano i resti di normali stelle finite in un densissimo nucleo e, sopratutto, con un campo magnetico addirittura più alto dell’Universo.
Questi particolari oggetti celesti sono stati definiti con l’appellativo di Magnetar, acronimo di Magnetic Star (Stelle Magnetiche).
La dinamica di questa popolazione di stelle è tale che, a causa delle loro instabilità, dovuta al loro fortissimo campo magnetico, potrebbero emettere una eccessiva quantità di radiazione di raggi gamma letale per ogni forma di vita.
Per fortuna questi mostri magnetici sono distanti dalla Terra milioni di anni luce; ma nella dannata ipotesi che si avvicinassero alla nostra Galassia, l’evento sarebbe davvero disastroso.
Si ipotizza che, per chi, ignaro, passeggiasse per le strade del nostro pianeta, potrebbe addirittura essere catturato dal mostruoso campo magnetico di una stella Magnetar e spiccicato sulla sua superficie come uno spillo attratto dalla calamita di un porta spilli in una sartoria.
E’ stato scoperto che le Magnetar attraversano periodi improvvisi di estrema attività, alternando periodi di tranquillità, rendendosi, così, irriconoscibili e finanche invisibili.
A questo punto è facile capire che, con questo subdolo comportamento, le Magnetar siano molto più numerose di quanto si pensasse.
Ipotesi, questa, confermata dal satellite Swift, il quale riesce a puntare, con molta rapidità, le sorgenti dei loro fenomeni “smascherandole”.
Tuttavia le stelle Magnetar oggi confermate non superano le venti unità, ma la caccia continua perchè sicuramente nell’Universo ce ne sono molte di più.
Quindi, stiamo molto attenti a tenere bassi i valori dell’Emoglobina, perchè un eccesso di ferro nel sangue ci potrebbe trasformare in spilli da sartoria! Scherzi a parte, è evidente che ci troviamo di fronte a nuove incognite che l’Universo ci presenta, diremmo, giorno per giorno.
E non ci meraviglieremmo se la sonda Kepler annunciasse di aver scoperto un pianeta simile alla nostra Terra, dove si è formata o si sta formando qualche forma di vita, magari diversa dalla nostra che, come sappiamo, è basata sul DNA.
Grazie alla tecnologia dell’Homo Softwarensis dei nostri giorni, munito di una specie di interfaccia cervello/computer, stiamo facendo davvero passi da gigante nella ricerca, riuscendo a scoprire che ci sono due Universi, comunque uniti tra di loro, dove sono congiunte due scienze fondamentali: la fisica dell’infinitamente piccolo, delle particelle elementari, quali: i Neutrini, il Bosone di Higgs, i Raggi Cosmici, le Onde Gravitazionali; e la fisica dell’infinitamente grande, ovvero: la nuova configurazione cosmologica, formata da altri sistemi solari, da altri pianeti, e da altre varietà di stelle, da altri oggetti celesti ancora sconosciuti.
Un Universo completamente diverso, dove gli astronomi del ventesimo secolo sono riusciti a svelare come era fatto; mentre gli astrofisici del ventunesimo secolo dovranno scoprire come funziona.
Un Universo che sembra non appartenerci, ma che invece ci appartiene, perchè anche noi ne facciamo parte, in quanto generati dalla stessa materia, così come è avvenuto per le galassie, per le stelle, per i pianeti, per il nostro pianeta, dove l’acqua del mare è salata come le nostre lacrime!

Cieli Sereni
ik0eln Giovanni Lorusso

 

 

 

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